giovedì 14 gennaio 2016

Non tutto lo zucchero fa male...

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha tracciato delle nuove linee guida sull’assunzione che vanno a disciplinare l’assunzione degli zuccheri per garantire una corretta alimentazione sia per adulti che per bambini. Recentemente è stato imposto che ci fosse una riduzione, per ogni fascia di età, dell’intake giornaliero di zucchero al di sotto del 10% rispetto all’energia totale assunta con la dieta. Questa raccomandazione non riguarda gli zuccheri presenti nella frutta fresca e nei vegetali o, ancora, quelli naturalmente presenti nel latte, poiché non vi sono evidenze di effetti avversi legati alla loro assunzione. Si parla quindi solo di monosaccaridi (glucosio e fruttosio) e disaccaridi (saccarosio), aggiunti ad alimenti e bevande e di zuccheri presenti in sciroppi, succhi di frutta e bevande zuccherate in genere, oltre che quello presente in modo occulto in alcuni alimenti. 

Fruttosio nello sviluppo embrionale. Fruttosio (componente del saccarosio) e normalmente presente nella frutta, rappresenta una delle forme di zucchero coinvolte nella produzione di energia, analogamente al glucosio, ma in più presenta delle funzioni speciali, a cui il glucosio non assolve. È il principale zucchero coinvolto nella riproduzione, nel liquido seminale, nel liquido intrauterino e nel feto. Diversi studi portarono (1) alla luce come la predominanza del fruttosio rispetto al glucosio nell’ambiente embrionale aiuti il feto a mantenersi sano in un ambiente povero di ossigeno come quello intrauterino. La placenta trasforma glucosio dal sangue della madre in fruttosio, e il fruttosio nel sangue della madre può attraversare il feto, e anche se il glucosio può tornare indietro dal feto nel sangue della madre, il fruttosio non è in grado di muoversi in quella direzione, quindi un’alta concentrazione è mantenuta nei fluidi intorno al feto. Si consiglia quindi alle neo mamme di assumere una dieta sana e bilanciata, ricca di vegetali come frutta e verdura, ma povera di zuccheri raffinati come il saccarosio.


Fruttosio nella salute delle ossa. Preferire lo zucchero presente nella frutta, rispetto al comune saccarosio (formato da una molecola di fruttosio e una di glucosio), aiuta a migliorare l’equilibrio minerale osseo. Il fruttosio infatti influenza la capacità dell’organismo di trattenere altri nutrienti, come magnesio, rame, calcio e altri minerali. Confrontando diete con il 20% di calorie derivanti da fruttosio o da altro tipo di zucchero, è stata evidenziata (2) una ridotta demineralizzazione a seguito della somministrazione di fruttosio, a discapito del glucosio che invece aveva ridotto il fosforo nelle ossa, e portato ad un aumento dei livelli di calciuria (calcio nelle urine). Ai soggetti osteopororici si consiglia infatti di seguire un’alimentazione povera di zuccheri semplici, ma ricca in frutta fresca e secca (mandorle, e semi) in grado entrambe di migliorare lo stato di salute dello scheletro

Lo zucchero contenuto nel miele presenta interessanti proprietà analgesiche. Questo alimento è' costituito prevalentemente da zuccheri semplici (glucosio e fruttosio in percentuali diverse a seconda del tipo di miele). Il glucosio una volta assunto entra direttamente in circolo e viene quindi utilizzato immediatamente mentre il fruttosio è consumato più lentamente garantendo un apporto energetico diluito nel tempo. Numerosi studi (3) dimostrarono le proprietà lenitive che gli zuccheri contenuti nel miele, erano in grado di esercitare lenendo il dolore sia in adulti che in neonati. Questa caratteristica pare essere legata all’ azione combinata di questi due zuccheri sul sistema nervoso, inducendo anche una riduzione dello stress. L’insulina (ormone secreto in risposta all’innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue) è probabilmente coinvolta nell’analgesia da zucchero, in quanto in grado di promuovere l’entrata di endorfine nel cervello (4).

Lo zucchero è in gradi di ridurre i livelli di stress. Nonostante le campagne di sensibilizzazione legate al rischio obesità a partire dall’età pediatrica, non va comunque incentivata la totale privazione del saccarosio all’interno di una sana e bilanciata dieta.
È importante sapere che il saccarosio è presente sia nello zucchero bianco che in quello di canna che presentano una composizione molecolare del tutto analoga. Oltre ad essere metabolizzati dal nostro organismo nello stesso modo, forniscono le stesse calorie per grammo (4 cal). La vera differenza la svela l’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione): “Lo zucchero grezzo (che si ricava sia dalla canna da zucchero che dalla barbabietola) è semplicemente uno zucchero non totalmente raffinato. Un moderato consumo di saccarosio, potrebbe essere però essere in grado di abbassare l’ACTH, il principale ormone pituitario dello stress. Lo stress viene avvertito dall’organismo come una maggiore richiesta di zucchero (5), per questo la dieta non deve essere completamente priva di zucchero, ma contemplarlo nelle giuste proporzioni.

(1) Jauniaux, et al., 2005
(2) Holbrook, et al. (1989)
(3) Guala, et al, 2001;. Okan, et al, 2007;. Anand, et al, 2005;. Schoen e Fischell , 1991
(4) (Witt, et al., 2000)
(5) (Klement, et al, 2009;Ulrich-Lai, et al, 2007)

venerdì 8 gennaio 2016

Il glutine celiachia e non solo: disturbi al sistema nervoso centrale

Grazie alle molteplici campagne di sensibilizzazione, è diventato ormai nota l’associazione fra glutine e insorgenza della patologia celiaca e sensibilità al glutine.
Il glutine è la molecola proteica presente in frumento, orzo, kamut, farro, avena, segale, monococco, spelta, germe di grano, triticale; assente invece in riso, mais, grano saraceno, amaranto, manioca, miglio, quinoa, sorgo, teff.
Si tratta di una proteina collosa, che una volta ingerita si lega alle pareti del colon dove causa disturbi a carico dell’apparato digerente e al sistema immunitario intestinale.
Il glutine è composto sia da molecole proteiche di glutenina che da gliadina ( si conoscono vari tipi di gliadina: alpha, omega e gamma). La maggior parte dei test di laboratorio, volti ad indagare un’intolleranza al glutine, mirano alla ricerca per gli anticorpi della gliadina alpha, che però rappresenta solo una piccolissima frazione dell’intera molecola; inoltre raramente vengono fatti degli accertamenti che sulla frazione gluteninica. 
La conseguenza è avere test dai risultati dubbi a causa dei possibili falsi negativi che rallentano la diagnosi di tutti i disturbi associati a questo alimento.
La condizione patologica piu’ comune legata all’intolleranza al glutine, è il disturbo celiaco a causa del quale i villi intestinali, a lungo andare, si appiattiscono portando progressivamente ad una ridotta assimilazione dei nutrienti.
In pochi sanno che esistono anche dei disturbi correlati a carico di diversi distretti corporei legati all’intolleranza verso questo alimento: si parla in questi casi di sensibilità non-celiaca al glutine (non-celiac, gluten sensitivity NCGS). Il NCGS sta prendendo sempre più piede, diffondendosi come uno dei fattori maggiormente imputabili nei disturbi infiammatori del sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale).
Studi recentemente effettuati, hanno portato alla luce l’esistenza di associazioni tra la sensibilità al glutine e disturbi in tutte le parti del sistema neurologico, incluso il cervello, la spina dorsale, i nervi periferici.

Recentemente il glutine è stato indicato come uno degli elementi scatenanti disturbi psichiatrici, disturbi del movimento, atassia , sclerosi multipla, neuromielite, alcune patologie a carico del cervelletto, danno cognitivo, demenza, emicrania, aprassia, neuropatia, mioclono e in altre problematiche di natura neurologica.
Di per se il glutine è un elemento irritante e favorente fenomeni infiammatori per i soggetti ad esso sensibili e intolleranti. Ecco che qualora il sistema immunitario di questi soggetti fosse particolarmente sollecitato (come nel caso di attacchi vitali, batterici o parassitari, in caso di sovra esposizione ambientale a tossine, in caso di carenza vitaminica o traumi) la presenza di glutine potrebbe portare ad un ulteriore affaticamento del sistema immunitario già sottoposto a stress e dare il via a reazioni infiammatorie che possono protrarsi anche per lunghi periodi.
E’ interessante sapere che in fase di metabolizzazione il glutine da origine a dei prodotti (gluteomorfina e prodinorfina) di natura simil oppiacea. A tal fine sono stati allestiti dei test in grado di valutare la produzione endogena di anticorpi alla gluteomorfina e prodinorfina. In soggetti che manifestano sensibilità verso gli oppiacei, la totale eliminazione di glutine dalla alimentazione in modo repentino, puo’ provocare veri fenomeni di astinenza. I sintomi ad essi legati comprendono depressione, sbalzi umorali, nausea, vomito, accelerata peristalsi intestinale, manifestazioni queste che possono protrarsi anche per alcune settimane.
Recenti studi hanno inoltre portato alla luce che la struttura proteica del glutine, pare essere estremamente simile a quella di altre proteine presenti nel sistema nervoso (in particolare la sinapsina) e nel tessuto tiroideo. Ecco che in questi casi si attua una “immunità da reattività crociata” che si esplica nel momento in cui il sistema immunitario confonde una proteina con l’altra. Quando vengono prodotti anticorpi per il glutine, che si ha una concomitante produzione di anticorpi contro il tessuto nervoso o tiroideo. Questo effetto da reattività crociata porta ad un danno a carico della tiroide o di un tessuto neurologico, qualora l’individuo consumasse glutine anche a piccolissime dosi, causando manifestazioni come: vertigini, cattivo controllo motorio, problemi di equilibrio e ansia .

Fonte: rielaborazione di vari articoli di  naturalnews.com