
Un po' di “storia”
Nell'estate del 2010 i Carabinieri del Nucleo antisofisticazione (Nas) scovarono a Bisceglie( Puglia) , un deposito con alcuni bidoni di cafodos (400 litri arrivati dalla Spagna).
Un anno prima a Bari, una ventina di persone finirono all'ospedale per intossicazione alimentare, dopo aver mangiato alici acquistate a mercato.
Unteriori episodi sono stati riscontrati alla fine di ottobre 2013 dei quali parlò per giorni, tv, radio e televisione ; da allora i controlli sono aumentati, ma il fatto il Cafodos è una sostanza subdola che è praticaemnte impossibile da scovare, anche a seguito di controlli chimici mirati!
Cosa è il Cafodos:
Viene erroneamente utilizzato il termine di “sostanza dopante”, ma in realtà di tratta di una miscela di additivi che vengono aggiunti al pescato. Il processo fisiologico di deterioramento delle carni, avviene progressivamente dopo che il pesce è stato pescato ed è IRREVERSIBILE , quindi “rivitalizzare un pesce in deterioramento “ non lo riporta alla sua originaria freschezza!!
Cafodos: miscela di acido citrico, citrato di sodio e perossido di idrogeno (quest’ultimo vietato nei prodotti ittici), aggiunti per ridare al pesce un po’ di brillantezza e prolungarne la conservazione mediante un effetto battericida. Questo prodotto è praticamente impossibile da rilevare con le analisi sul prodotto perché una volta rinnovato l’aspetto del pescato, si trasforma in acqua sul pescato e poi per evaporazione si volatilizza, la pericolosità risiede nel fatto che può permanere sul prodotto anche una settimana
L'utilizzo di questa miscela chimica è vietata in Italia ma la cui vendita si ritrova su internet da parte di una ditta produttrice spagnola
Gli addetti ai lavori sanno che il Cafodos può migliorare l’aspetto soprattutto dei filetti di pesce e che l’abbinamento con i polifosfati aumenta la quantità di acqua trattenuta dal pesce stesso che così appare di consistenza dura e piena.
Il Cafodos viene utilizzato ugualmente anche se in modo totalmente illegale per aumentare del 50% la shelf life del prodotto.
La pericolosità di tale operazione, da considerarsi a tutti gli effetti una vera e propria sofisticazione alimentare sta nel fatto che il Cafodos viene spruzzato sul pesce in via “preventiva” quando ancora è fresco e non ha iniziato il suo processo di decomposizione.
Se ingerito.....
La miscela del Cafodos di per se risulta essere non tossica per l'uomo, se non assunta ad alte concentrazioni, ma sicuramente è lecito dire che i maggiori rischi per la salute dell'uomo sono connessi alla diretta ingestione di pesce di fatto non fresco e spesso addirittura avariato.
Si posano manifestare così i classici sintomi legati ad intossicazione alimentare come nausea, vomito, vertigini, cefalea e dissenteria.
L'ingestione di questi pesci non più freschi, presentano elevate concentrazioni di istamina, possono provocare nel consumatore forti reazioni allergiche (fino allo shok anafilattico) e in alcuni casi provocare sindromi da avvelenamento soprattutto in quei soggetti che soffrono di patologie importanti come i cardiopatici.
Legislatura....
L’uso del Cafodos sul pesce fresco si deve interpretare come una frode commerciale, anche perché non viene dichiarato in etichetta. Per rendersi conto della situazione basta dire che per legge gli additivi devono rispondere ad una necessità tecnologica e non devono indurre in errore il consumatore
Il procuratore Raffaele Guariniello ha aperto un fascicolo, per ora contro ignoti, per frode in commercio. Il magistrato ha iniziato a indagare dopo una segnalazione arrivata dal Ministero della Salute ed ha incaricato i Nas di fare controlli in tutta Italia.
Dagli accertamenti fatti finora il pm Guariniello è risalito a due ditte produttrici spagnole sui cui ha chiesto una rogatoria internazionale per avere maggiori informazioni.
Coldiretti afferma che “E’ necessario rendere obbligatoria l’indicazione della provenienza in etichetta per il pesce fresco e trasformato dopo che negli ultimi cinque anni di crisi sono quasi triplicate le frodi a tavola con un incremento record del 170 per cento del valore di cibi e bevande sequestrate dai NAS perché adulterate. Sempre da Coldiretti sappiamo che “Più di due pesci sui tre consumati in Italia provengono dall’estero ma il consumatore non riesce a saperlo per la mancanza di una informazione trasparente.” Attualmente la legge sull’etichettatura per il pesce fresco prevede la sola indicazione della zona di pesca mentre per quello trasformato quella di confezionamento. Il pesce italiano, ad esempio, fa parte della cosiddetta “zona Fao 37”, che contraddistingue il prodotto del Mediterraneo. Il rischio di ritrovarsi nel piatto prodotto straniero è tanto più forte nella ristorazione, dove spesso vengono spacciati per italiani prodotti che arrivano in realtà dall’estero”. Coldiretti sottolinea inoltre il rischio dell’aumento delle frodi a tavola a causa della diffusione sempre più capillare di cibi low cost.
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