mercoledì 3 ottobre 2018

Dieta mediterranea vs Dieta giapponese


 I due regimi alimentari hanno almeno un elemento in comune: entrambi, nel 2014, sono stati considerati dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità e riconosciute come le diete più sane al mondo, in grado di aumentare le aspettative di vita e di ridurre il rischio di alcune patologie come cancro, arteriosclerosi, diabete, ictus e infarto.
Tanto lontane sia dal punto di vista geografico che culturale, Italia e Giappone sono in grado di promuovere con l’alimentazione benessere e longevità alle rispettive popolazioni. Numerosi infatti sono i tratti a comune fra i due tipi di tradizioni culinarie:
- entrambe le diete suggeriscono il consumo di 5 o 6 porzioni al giorno di verdura fresca di stagione: pomodori, melanzane e peperoni sono alcuni degli ortaggi più consumati nelle aree mediterranee, mentre nella zona orientale sono più comuni cavolo e alga marina.
- entrambi i regimi alimentari prevedono il consumo giornaliero di cereali; la dieta mediterranea raccomanda pane e pasta, meglio se integrali, quella giapponese favorisce il riso.
- entrambe sono ricche di frutta, pesce e uova, promuovono la riduzione del consumo di carne e sconsigliano il consumo di dolci e bevande zuccherate.


VIRTU' DELLA CUCINA GIAPPONESE


Secondo l’ Organizzazione Mondiale della Sanità il Giappone è il paese con la più alta aspettativa di vita al mondo e ciò è reso possibile sia grazie alle caratteristiche genetiche di popolazione tramandate di generazione in generazione, che al corretto stile di vita e alle abitudini alimentari adottate nei secoli.
Combinare, in piccole porzioni, alimenti ricchi di proteine a basso tenore calorico (come il pesce) con verdura e grassi sani (soprattutto omega 3) è importante per mantenere il corpo in salute. Impiegare nella preparazione dei cibi pochissimo sale ed introdurre nutrienti ricchi di flavonoidi, vitamina E, licopene e carotenoidi è fondamentale per garantire il buon funzionamento dei processi fisiologici. I giapponesi hanno inoltre l’abitudine di bere molto tè al gelsomino, che pare giochi un ruolo importante nella prevenzione del cancro.
Alimenti riccamente presenti nell’alimentazione giapponese sono i germogli di soia ricchi di acqua, vitamine (soprattutto vitamina C) e sali minerali tanto da poter essere considerati dei veri e propri integratori naturali capaci di mantenere l’organismo in perfetta salute. All’interno dei germogli di soia è inoltre presente la lecitina, che aiuta a regolare i livelli di colesterolo ematico, oltre che i fitoestrogeni, ovvero ormoni naturali che possono essere utili soprattutto nel periodo della menopausa.
La cucina giapponese è inoltre ricca di composti chimici naturali capaci di rallentare la crescita delle cellule tumorali; di indurre l'apoptosi ( il "suicidio cellulare programmato"); oppure di svolgere attività anti angiogenesi, bloccando cioè lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni in prossimità dei tumori, ostacolando così la crescita tumorale. Alimenti di questo tipo sono:
- le alghe ( fra le più conosciute kombu, wakame e nori) ricche di fibre oltre che di minerali (iodio, potassio, ferro e calcio) e amminoacidi essenziali.
- la soia che grazie agli isoflavoni in essa presenti è in grado di proteggere da tumori dipendenti dagli ormoni, come il cancro del seno o della prostata.

I giapponesi utilizzano inoltre numerosi ingredienti fermentati: dalle umeboshi ovvero alle prugne in salamoia (che in realtà sono albicocche), al tè kombucha che in Giappone è conosciuto con il nome di tè "kocha kinoko", al miso o al tempeh che derivano dalla soia fermentata; alimenti in grado di facilitare la digestione modificando il PH, aiutano a prevenire la nausea, esercitano proprietà disintossicanti e antibatteriche e aiutano a ristabilire il corretto funzionamento della flora batterica intestinale essendo ricchi in “batteri buoni”. Inoltre apportano enzimi e vitamine B e C che svolgono un'azione antiossidante, depurativa e digestiva. Il miglior modo di consumare cibo fermentato per trarne beneficio è consumarlo crudo e a temperatura ambiente; la cottura infatti disattiva i fermenti.


CRITICITA' DELLA CUCINA GIAPPONESE


Il cibo giapponese non presenta però solo virtù:
- oltre alla presenza del noto del parassita Anisakis, è possibile trovare nelle carni del pesce crudo un altro pericoloso parassita il Diphyllobothrium latum, responsabile di provocare la difillobotriasi o tenia del pesce, che causa, se ingurgitata, deficit di vitamina B12 e anemia. I rischi di contrarre queste infezioni parassitarie si abbattono se il pesce è stato trattato nel rispetto delle norme vigenti.
- E’ bene sapere che le specie di pesce utilizzate nella cucina giapponese sono spesso ricche di mercurio e altri metalli tossici in grado di provocare intossicazioni che si possono manifestare con sintomi diversi, rendendole quindi di difficile identificazione ed interpretazione. Le carni in cui la concentrazione di mercurio risulta essere maggiormente elevata sono quella del tonno, del pesce spada e dello squalo.
- Un mito da sfatare è che il sushi sia un alimento povero di calorie, in realtà, anche se gli ingredienti base impiegati sono principalmente pesce, riso e verdure quindi salutari e poco calorici, i condimenti e le salse utilizzate per insaporire le pietanze, come anche il metodo di cottura che utilizza la tempura, portano ad un aumento delle calorie.


- La salsa di soia, largamente impiegata in questo tipo di cucina, risulta essere molto salata per tanto non adatta a chi soffre di ipertensione e a chi sta seguendo un regime dietetico ipocalorico. Altri condimenti potenzialmente non troppo salutari sono la salsa al rafano, allo zenzero e il wasabi. Se non eseguite utilizzando la vera e propria radice fresca, ma ottenute da preparati sotto forma di paste o conserve, potrebbero contenere additivi chimici, conservanti e coloranti nocivi.
- In Giappone la bevanda più consumata, anche più della stessa acqua, è il tè che viene consumato sotto diverse forme e che accompagna la giornata e i pasti di ogni quitidiani. E’ bene sapere che per ogni tazza di tè, la percentuale di caffeina assunta può essere anche molto elevata. Molti sono i fattori in grado di determinare la concentrazione di teina e caffeina dell’infuso, primo fra tutti il tempo di infusione: minore è il tempo di infusione è maggiore è il contenuto di caffeina che si ritroverà nella bevanda. La caffeina infatti è una sostanza che passa molto rapidamente in infusione, una volta che il tè viene messo a contatto con l’acqua bollente: bastano due o tre minuti perché questa sostanza venga estratta e passi nell’infuso. Se il tempo di contatto del tè con l’acqua calda viene però prolungato, raggiungendo almeno i cinque minuti, sono i tannini contenuti nel te a passare in infusione, andando a legarsi con la caffeina che diventa meno assorbibile dall’organismo. Un tè che dunque rimane molto tempo in infusione perde la maggior parte della sua capacità eccitante, trasformandosi in una bevanda dall’effetto blando. Quando si consuma del te è necessario tenere in considerazione che alcune molecole presenti nell’infuso sono in grado di chelare (legare e trattenere) alcuni nutrienti. I tannini contenuti nel tè sono in grado di legarsi al ferro portando ad un ridotto assorbimento di questo minerale a livello intestinale. Il consumo prolungato di bevande eccessivamente calde pare inoltre favorire l’insorgenza di cancro all'esofago; soprattutto esposti a tale rischio risultano coloro che sono soliti consumare dosi eccessive di alcool e sigarette.



ALL YOU CAN EAT ITALIANO E' SICURO?


Quando si va a mangiare giapponese è di rigorosa importanza scegliere ristoranti di qualità in grado di garantire le materie prime, l’adeguata conservazione e preparazione degli alimenti.
Il consumo di pesce crudo è infatti legato ad alcune patologie:
- Parassitosi, dovute all'assunzione di alimenti contaminati da organismi patogeni come protozoi, larve e amebe
- Infezioni, dovute all'assunzione di alimenti contaminati da microorganismi patogeni quali batteri e virus
- Intossicazioni, dovute all'assunzione di alimenti contaminati solo dalle tossine batteriche o delle alghe
- Tossinfezioni, dovute all'assunzione di alimenti contaminati sia da batteri patogeni che le rispettive tossine.

Se mangiati crudi, i molluschi bivalvi possono trasmettere all’uomo patologie quali:
- Epatite virale: malattia sistemico-epatica determinata dal virus HAV
- Salmonellosi, Tifo e Paratifo
- Colera
- Tossinfezione da Escherichia Coli
- Tossinfezione da Vibrio Parahaemoliticu (molto presente in Giappone)

Visto ciò è facilmente comprensibile come sia doveroso per un ristorante che serve cucina giapponese, rispettare le norme igenico-sanitarie legate alla corretta conservazione, stoccaggio e cottura dei cibi. La tanto famosa parassitosi intestinale da Anisakis infatti è ad esempio scongiurabile dall’abbattimento del pesce a -20°C per almeno 24 ore prima che questo venga servito e di conseguenza mangiato.

Si sconsiglia comunque il consumo di pesce crudo ai soggetti immuno depressi, come pazienti affetti da neoplasie o in trattamento chemioterapico, con deficit da HIV, anziani, diabetici, donne in gravidanza.

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