Visualizzazione post con etichetta ALIMENTAZIONE CORRETTA. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ALIMENTAZIONE CORRETTA. Mostra tutti i post

mercoledì 3 ottobre 2018

Dieta mediterranea vs Dieta giapponese


 I due regimi alimentari hanno almeno un elemento in comune: entrambi, nel 2014, sono stati considerati dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità e riconosciute come le diete più sane al mondo, in grado di aumentare le aspettative di vita e di ridurre il rischio di alcune patologie come cancro, arteriosclerosi, diabete, ictus e infarto.
Tanto lontane sia dal punto di vista geografico che culturale, Italia e Giappone sono in grado di promuovere con l’alimentazione benessere e longevità alle rispettive popolazioni. Numerosi infatti sono i tratti a comune fra i due tipi di tradizioni culinarie:
- entrambe le diete suggeriscono il consumo di 5 o 6 porzioni al giorno di verdura fresca di stagione: pomodori, melanzane e peperoni sono alcuni degli ortaggi più consumati nelle aree mediterranee, mentre nella zona orientale sono più comuni cavolo e alga marina.
- entrambi i regimi alimentari prevedono il consumo giornaliero di cereali; la dieta mediterranea raccomanda pane e pasta, meglio se integrali, quella giapponese favorisce il riso.
- entrambe sono ricche di frutta, pesce e uova, promuovono la riduzione del consumo di carne e sconsigliano il consumo di dolci e bevande zuccherate.


VIRTU' DELLA CUCINA GIAPPONESE


Secondo l’ Organizzazione Mondiale della Sanità il Giappone è il paese con la più alta aspettativa di vita al mondo e ciò è reso possibile sia grazie alle caratteristiche genetiche di popolazione tramandate di generazione in generazione, che al corretto stile di vita e alle abitudini alimentari adottate nei secoli.
Combinare, in piccole porzioni, alimenti ricchi di proteine a basso tenore calorico (come il pesce) con verdura e grassi sani (soprattutto omega 3) è importante per mantenere il corpo in salute. Impiegare nella preparazione dei cibi pochissimo sale ed introdurre nutrienti ricchi di flavonoidi, vitamina E, licopene e carotenoidi è fondamentale per garantire il buon funzionamento dei processi fisiologici. I giapponesi hanno inoltre l’abitudine di bere molto tè al gelsomino, che pare giochi un ruolo importante nella prevenzione del cancro.
Alimenti riccamente presenti nell’alimentazione giapponese sono i germogli di soia ricchi di acqua, vitamine (soprattutto vitamina C) e sali minerali tanto da poter essere considerati dei veri e propri integratori naturali capaci di mantenere l’organismo in perfetta salute. All’interno dei germogli di soia è inoltre presente la lecitina, che aiuta a regolare i livelli di colesterolo ematico, oltre che i fitoestrogeni, ovvero ormoni naturali che possono essere utili soprattutto nel periodo della menopausa.
La cucina giapponese è inoltre ricca di composti chimici naturali capaci di rallentare la crescita delle cellule tumorali; di indurre l'apoptosi ( il "suicidio cellulare programmato"); oppure di svolgere attività anti angiogenesi, bloccando cioè lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni in prossimità dei tumori, ostacolando così la crescita tumorale. Alimenti di questo tipo sono:
- le alghe ( fra le più conosciute kombu, wakame e nori) ricche di fibre oltre che di minerali (iodio, potassio, ferro e calcio) e amminoacidi essenziali.
- la soia che grazie agli isoflavoni in essa presenti è in grado di proteggere da tumori dipendenti dagli ormoni, come il cancro del seno o della prostata.

I giapponesi utilizzano inoltre numerosi ingredienti fermentati: dalle umeboshi ovvero alle prugne in salamoia (che in realtà sono albicocche), al tè kombucha che in Giappone è conosciuto con il nome di tè "kocha kinoko", al miso o al tempeh che derivano dalla soia fermentata; alimenti in grado di facilitare la digestione modificando il PH, aiutano a prevenire la nausea, esercitano proprietà disintossicanti e antibatteriche e aiutano a ristabilire il corretto funzionamento della flora batterica intestinale essendo ricchi in “batteri buoni”. Inoltre apportano enzimi e vitamine B e C che svolgono un'azione antiossidante, depurativa e digestiva. Il miglior modo di consumare cibo fermentato per trarne beneficio è consumarlo crudo e a temperatura ambiente; la cottura infatti disattiva i fermenti.


CRITICITA' DELLA CUCINA GIAPPONESE


Il cibo giapponese non presenta però solo virtù:
- oltre alla presenza del noto del parassita Anisakis, è possibile trovare nelle carni del pesce crudo un altro pericoloso parassita il Diphyllobothrium latum, responsabile di provocare la difillobotriasi o tenia del pesce, che causa, se ingurgitata, deficit di vitamina B12 e anemia. I rischi di contrarre queste infezioni parassitarie si abbattono se il pesce è stato trattato nel rispetto delle norme vigenti.
- E’ bene sapere che le specie di pesce utilizzate nella cucina giapponese sono spesso ricche di mercurio e altri metalli tossici in grado di provocare intossicazioni che si possono manifestare con sintomi diversi, rendendole quindi di difficile identificazione ed interpretazione. Le carni in cui la concentrazione di mercurio risulta essere maggiormente elevata sono quella del tonno, del pesce spada e dello squalo.
- Un mito da sfatare è che il sushi sia un alimento povero di calorie, in realtà, anche se gli ingredienti base impiegati sono principalmente pesce, riso e verdure quindi salutari e poco calorici, i condimenti e le salse utilizzate per insaporire le pietanze, come anche il metodo di cottura che utilizza la tempura, portano ad un aumento delle calorie.


- La salsa di soia, largamente impiegata in questo tipo di cucina, risulta essere molto salata per tanto non adatta a chi soffre di ipertensione e a chi sta seguendo un regime dietetico ipocalorico. Altri condimenti potenzialmente non troppo salutari sono la salsa al rafano, allo zenzero e il wasabi. Se non eseguite utilizzando la vera e propria radice fresca, ma ottenute da preparati sotto forma di paste o conserve, potrebbero contenere additivi chimici, conservanti e coloranti nocivi.
- In Giappone la bevanda più consumata, anche più della stessa acqua, è il tè che viene consumato sotto diverse forme e che accompagna la giornata e i pasti di ogni quitidiani. E’ bene sapere che per ogni tazza di tè, la percentuale di caffeina assunta può essere anche molto elevata. Molti sono i fattori in grado di determinare la concentrazione di teina e caffeina dell’infuso, primo fra tutti il tempo di infusione: minore è il tempo di infusione è maggiore è il contenuto di caffeina che si ritroverà nella bevanda. La caffeina infatti è una sostanza che passa molto rapidamente in infusione, una volta che il tè viene messo a contatto con l’acqua bollente: bastano due o tre minuti perché questa sostanza venga estratta e passi nell’infuso. Se il tempo di contatto del tè con l’acqua calda viene però prolungato, raggiungendo almeno i cinque minuti, sono i tannini contenuti nel te a passare in infusione, andando a legarsi con la caffeina che diventa meno assorbibile dall’organismo. Un tè che dunque rimane molto tempo in infusione perde la maggior parte della sua capacità eccitante, trasformandosi in una bevanda dall’effetto blando. Quando si consuma del te è necessario tenere in considerazione che alcune molecole presenti nell’infuso sono in grado di chelare (legare e trattenere) alcuni nutrienti. I tannini contenuti nel tè sono in grado di legarsi al ferro portando ad un ridotto assorbimento di questo minerale a livello intestinale. Il consumo prolungato di bevande eccessivamente calde pare inoltre favorire l’insorgenza di cancro all'esofago; soprattutto esposti a tale rischio risultano coloro che sono soliti consumare dosi eccessive di alcool e sigarette.



ALL YOU CAN EAT ITALIANO E' SICURO?


Quando si va a mangiare giapponese è di rigorosa importanza scegliere ristoranti di qualità in grado di garantire le materie prime, l’adeguata conservazione e preparazione degli alimenti.
Il consumo di pesce crudo è infatti legato ad alcune patologie:
- Parassitosi, dovute all'assunzione di alimenti contaminati da organismi patogeni come protozoi, larve e amebe
- Infezioni, dovute all'assunzione di alimenti contaminati da microorganismi patogeni quali batteri e virus
- Intossicazioni, dovute all'assunzione di alimenti contaminati solo dalle tossine batteriche o delle alghe
- Tossinfezioni, dovute all'assunzione di alimenti contaminati sia da batteri patogeni che le rispettive tossine.

Se mangiati crudi, i molluschi bivalvi possono trasmettere all’uomo patologie quali:
- Epatite virale: malattia sistemico-epatica determinata dal virus HAV
- Salmonellosi, Tifo e Paratifo
- Colera
- Tossinfezione da Escherichia Coli
- Tossinfezione da Vibrio Parahaemoliticu (molto presente in Giappone)

Visto ciò è facilmente comprensibile come sia doveroso per un ristorante che serve cucina giapponese, rispettare le norme igenico-sanitarie legate alla corretta conservazione, stoccaggio e cottura dei cibi. La tanto famosa parassitosi intestinale da Anisakis infatti è ad esempio scongiurabile dall’abbattimento del pesce a -20°C per almeno 24 ore prima che questo venga servito e di conseguenza mangiato.

Si sconsiglia comunque il consumo di pesce crudo ai soggetti immuno depressi, come pazienti affetti da neoplasie o in trattamento chemioterapico, con deficit da HIV, anziani, diabetici, donne in gravidanza.

giovedì 24 maggio 2018

DIABETE: la corretta alimentazione da seguire


Il Diabete Melliti di Tipi II  è una  patologia che interessa il metabolismo del glucosio che una volta assorbito dal tratto intestinale e riversato nel sangue, non viene ricaptato in maniera sufficientemente efficace a causa di un'alterazione ormonale a carico dell'insulina oppure per un mal funzionamento dei recettori periferici preposti a tale funzione; in questo modo il glucosio resta in circolo determinando una serie di reazioni metaboliche negative che si rercuotono sulla corretta fisiologia dell'organismo
Il Diabete Mellito Tipo 2 è un disturbo che comprende numerosissime sfaccettature, ma ciò che accomuna tutti i quadri clinici è una situazione di iperglicemia (>110 mg/dl), eventualmente accompagnata da iperinsulinemia ed iperlipidemia ( ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia LDL ); ovviamente, questo determina frequentemente sovrappeso, ipertensione, glicazione delle proteine plasmatiche, aumento del rischio di aterosclerosi, retinopatia, neuropatia, nefropatia e piede del diabetico.

Fare una tempestiva diagnosi di diabete di tipo 2 è essenziale per trattare la patologia nel migliore dei modi ed evitare ripercussioni sullo stato di salute che portano ad abbassare la qualità e l'aspettativa di vita del paziente. Le complicanze legate a questa patologia possono risultare anche molto gravi, soprattutto a livello della retina, del rene e del cuore.


DECALOGO COMPORTAMENTALE
Il primo approccio che il paziente diabetico deve affrontare è quello dietoterapeutico al fine di : raggiungere e/o manteniere un peso corporeo desiderabile, prevenire l’iper o l' ipoglicemia, ridurre il rischio di sviluppare l’aterosclerosi e le complicanze micro vascolari quali retinopatia e insufficienza renale.
In caso di sovrappeso o obesità è fondamentale ridutte il peso per ristabilire i livelli ematici di glucosio e abbassare i fattori di rischio cardiovascolare. Valori della circonferenza addominale superiori a 94 cm nell'uomo e ad 80 cm nella donna si associano ad un rischio cardiovascolare “moderato", valori superiori a 102 cm nell'uomo e ad 88 cm nella donna sono associati ad un "rischio elevato".
Adottare uno stile di vita più attivo come andare al lavoro a piedi, in bicicletta, parcheggiare lontano, fare le scale evitando l’uso dell’ascensore risulta fondamentale per eliminare il grasso in eccesso, attivare il metabolismo di base e promuovere il corretto dimagrimento. Quando è possibile è raccomandabile praticare attività fisica almeno tre volte alla settimana sia di tipo aerobico, che anaerobico.
Imparare a leggere le etichette dei prodotti è importante per valutare il contenuto in zuccheri spesso presenti anche in forma occulta; meglio evitare gli alimenti “senza zucchero” in quanto sono spesso ricchi di grassi e di conseguenza ipercalorici oltre che ricchi di edulcoranti.

DECALOGO DIETETICO
- ridurre il consumo di zuccheri semplici
- ridurre il consumo di grassi saturi
- incrementare il consumo di fibra
- non saltare la colazione
- consumare pasti completi (carboidrati + proteine + verdura + frutta) a pranzo e cena
- evitare periodi di digiuno prolungato quindi spezzare la giornata con adeguati spuntini



ALIMENTI SCONSIGLIATI
- zucchero bianco, zucchero di canna o fruttosio per dolcificare le bevande
- marmellata e miele
- dolci quali torte, pasticcini, biscotti, frollini, gelatine, budini, caramelle
- frutta sciroppata, candita, mostarda di frutta
- bevande zuccherine come cola, acqua tonica, tè freddo, succhi di frutta
- salse contenenti zucchero tipo ketchup
- condimenti grassi come burro, lardo, margarine
- insaccati
- superalcolici

ALIMENTI CONSENTITI CON MODERAZIONE
- frutta poiché contiene naturalmente zucchero (fruttosio). È importante rispettare le quantità indicate nella dieta e limitare al consumo occasionale i frutti più zuccherini (uva, banane, fichi, cachi, mandarini).
- dolcificante
- prodotti da forno dietetici per diabetici, ricordando che seppur senza zucchero non sono ipocalorici, ma hanno un valore calorico pressoché uguale agli analoghi tradizionali
- vino
- sale limitando il consumo di quello aggiunto in fase di cottura e degli alimenti che naturalmente ne contengono elevate quantità come cibo in scatola o salamoia, dadi ed estratti di carne, salse tipo soia)
- castagne, patate e il mais sono importanti fonti di amido quindi sono da considerarsi sostituti di pane, pasta e riso
- legumi rappresentano un’importante fonte di proteine vegetali ma contengono carboidrati, quindi è importante rispettare le quantità indicate nella dieta

ALIMENTI CONSENTITI
- verdura cruda e cotta da assumere in porzioni abbondanti
- pesce (fresco o surgelato) non meno di due-tre volte alla settimana
- carboidrati complessi (pane, pasta, riso, fette biscottate) e cereali integrali
- olio d’oliva, aggiunto a crudo e con moderazione
- formaggi da consumare un paio di volte alla settimana; il Grana Padano D.O.P. o Parmigiano possono essere consumati con moderazione con maggior frequanza
- affettati più magri come prosciutto cotto, crudo, bresaola, speck, arrosto di tacchino e pollo privandoli del grasso visibile
- carne sia rossa che bianca proveniente da tagli magri e che sia privata del grasso visibile; pollame senza pelle
- latte e yogurt scremati o parzialmente scremati
- acqua oligominerale almeno 1,5 litri al giorno 


INDICE GLICEMICO DEGLI ALIMENTI
È utile per il paziente diabetico imparare a distinguere gli alimenti in base all’indice glicemico in modo da mantenere sotto controllo i livelli di glicemia ematica.
L’indice glicemico (IG) di un alimento indica l’incremento glicemico indotto dall’ingestione di una porzione di quell’alimento rispetto ad uno di riferimento (glucosio o pane bianco), a parità di contenuto di carboidrati.

I fattori che possono far variare l’IG degli alimenti:
- il grado di maturazione della frutta, più questa è matura maggiore sarà l'indice glicemico, in quanto è aumentato il tenore zuccherino 
- la zona di coltivazione e le variazoni legate al clima e al territorio, può influenzare l'indice glicemico di un particolare alimento
- la cottura dell'alimento, che può far variare l'IG a causa del diverso contenuto di zuccheri tra un alimento crudo e uno cotto
- il grado di cottura degli alimenti a base di amido: maggiore èil tempo di cottura e maggiore risulterà l'IG di quell'alimento; ciò dipende dal rilascio di amido che è maggiore nei cibi più cotti
- la masticazione: più si mastica più si alza l'indice glicemico di un alimento, poichè si va a liberare un maggior contenuto di zuccheri
- il contenuto di fibre solubili presenti in un alimento, un alimento ricco in fibre solubili avrà un IG basso poichè le fibre riducono l'assorbimento del glucosio e riducono quindi il picco glicemico
- il processo di raffinazione dei cereali per cui si eliminano gran parte o tutte le fibre in essi contenute, farà si che un cereale raffinato presentiun IG maggiore rispetto ad uno non raffinato o integrale. 

Alimenti ad ALTO indice glicemico: da 55 a 100 in su
da 55 -60 IG
riso rosso, riso soffiato, cereali special K, semola di grano duro, porridge, riso lungo, mais in chicchi, riso di camargue, pane al latte, orzo perlato, nespole, papaya, melone, castagne, banana matura, datteri, albicocche, bibite gassate, miele, maionese industriale, cioccolato in polvere zuccherato, ovomaltina, senape, ketchup, sciroppo d'acero, Nutella

da 65 – 70 IG
pane di segale con il 30% di segale, pane nero, farina semi - integrale, farina di granturco, farina di grano tenero, riso comune, fette biscottate, polenta, miglio, pane bianco, pane di riso, pane azzimo con farina bianca, amaranto soffiato, patate lessate con buccia, barbabietola cotta, zucca, uva passa, farina di castagne, tamarindo, fave cotte, zucchero di canna integrale.
da 75 – 85 IG
tapioca, pop corn, riso soffiato, riso precotto, crackers, maizena, farina di grano bianco, latte di riso, anguria, purè di patate, rape cotte, sedano rapa, carote cotte 

da 90 - 100 IG e oltre
farina di riso, pane bianco, riso parboiled, fecola di patate, patate al forno, glucosio, sciroppo di mais, birra, sciroppo di glucosio, maltodestrine, datteri secchi

Alimenti a MEDIO indice glicemico: da 40 a 50 
IG 40
farro, pane azzimo realizzato con farina integrale, farina di quinoa, fiocchi di avena, kamut, avena, pane integrale, grano saraceno, pasta integrale, succo di mela senza zucchero, latte di cocco, succo di carota senza zucchero, fave crude, fagioli rossi, prugne secche, cicoria.
IG 45
farina di farro, grano, cous cous integrale, pane di kamut, farina di kamut, bulgur, riso basmati integrale, spaghetti cotti al dente, segale, pane di segale, farina di segale, piselli,: succo di arancia, succo di mango, succo di pompelmo, succo d'uva, mirtillo, uva, salsa di pomodoro, banana non matura, ananas fresco, carote crude

IG 50
mango, litchi, kiwi, cachi, topinambur, patate dolci, succo di mela, succo di mirtillo, succo di ananas, riso basmati, riso integrale, muesli, pane realizzato con il 65% di farina di quinoa, cereali tipo All brain, surimi di granchio, pesche sciroppate, ananas sciroppato, sushi

Alimenti a BASSO indice glicemico: da 0 a 35 
IG 0
tutti i tipi di pesce, tutti i tipi di carne, frutti di mare, uova; the e caffè senza zucchero, acqua, tutti i tipi di olio, parmigiano, formaggio di capra 
IG 5
crostacei, aceto, spezie, erbe aromatiche (prezzemolo, basilico, e così via)
IG 10-15
cipolle, funghi, bietola, broccoli, olive, asparagi, ravanelli, cavolini di bruxelles, finocchio, pinoli, sedano, insalata belga, peperoni, scalogno, cavoli, spinaci, zucchine, cavolfiori, soia, lupini, mandorle, ribes nero, nocciole, noci, arachidi, crusca (sia di grano che di avena), tofu, zenzero, peperoncino
IG 20-25
melanzane, carote, germogli di bambù, carciofi, limone, ciliegie, lamponi, more, anacardi, pompelmo, mirtilli, uva spina, fragole, ribes, lenticchie verdi, fagioli di soia, piselli secchi, fagiolo nano, yogurt di soia, cioccolato fondente, cacao in polvere, orzo, farina di soia
IG 30
fagiolini, aglio, pomodoro, barbabietole, rape, mandarini,passion fruit, pere, fagioli cannellini, lenticchie, lenticchie gialle, ricotta, latte scremato, formaggi freschi, latte di mandorla, latte di avena, latte di soia
IG 35
succo di pomodoro, sedano rapa, melagrana, banane acerbe, albicocche, prugne, arance, mela, fico, pesca, noce di cocco, ceci, fagioli neri, fagioli rossi, fagioli Azuki, fagioli borlotti, quinoa, amaranto, semi di girasole, lievito di birra.








mercoledì 2 maggio 2018

Morbo di Crohn: la corretta nutrizione



CARENZE VITAMINICHE NEL MORBO DI CROHN

La zona più colpita dal Morbo di Crohn, malattia infiammatoria cronica a carattere genetico ed autoimmune dell'apparato digerente, è l'ileo terminale (porzione finale dell'intestino tenue) e il colon (intestino crasso).

A livello dell'ileo terminale l’intestino svolge l’azione di captare Vitamina B12 e di riassorbire i sali biliari immessi dalla cistifellea durante la digestione.
La Vitamina B12 svolge all’interno dell’organismo delle importantissime funzioni; assieme al fattore intrinseco secreto nello stomaco, questa vitamina compone il fattore di maturazione eritrocitario, che porta alla maturazione dei globuli rossi a livello del midollo osseo. Inoltre la Vitamina B12 è implicata nella sintesi del DNA e regola il metabolismo dei glucidi, dei lipidi e delle proteine.
Nei soggetti sani, la Vitamina B12 viene stoccata nel fegato; pertanto è molto difficile valutarne un deficit se non a distanza di anni. Contrariamente a quanto avviene in un quadro fisiologico, nel Morbo di Crohn queste riserve epatiche vengono compromesse, quindi la carenza di Vitamina B12 si instaura velocemente portando ad un’alterazione dei globuli rossi, all’insorgenza di uno stato anemico per carenza di ferro. Un deficit da Vitamina B12 è associato a debolezza, pallore, ittero, stanchezza, lingua liscia, talvolta pruriginosa e arrossata, formicolii, ridotta percezione del dolore, irritabilità, mal di testa, tendenza alla depressione, riduzione dell'efficienza mentale, compromissione dell'equilibrio ed alterazioni del sonno. Non rari i casi riscontrati di possibili alterazioni in gravidanza a carico del feto a causa di malformazioni irreversibili proprio a causa del fatto che la Vitamina B12 rappresenta un fattore metabolico cellulare coinvolto nella sintesi nucleica. Le donne gravide affette da malattia di Crohn devono integrare questa vitamina in maniera più accurata rispetto a coloro che non ne sono affette.


I soggetti colpiti da Morbo di Chron non riescono a promuovere il corretto riassorbimento dei sali biliari a livello dell'ileo terminale; questi stazionano quindi nel lume intestinale dove esplicano la loro naturale funzione trattenendo gran parte della porzione grassa presente negli alimenti. Ciò provoca steatorrea (condizione patologica caratterizzata da presenza di notevoli quantità di sostanze grasse non digerite nelle feci) e la riduzione dell’assorbimento di molecole liposolubili, tra cui principalmente vitamine, che così vengono espulse continuamente provocando ipovitaminosi. Le vitamine principalmente coinvolte nel malassorbimento lipidico sono la vitamina K (importante fattore di coagulazione) e la vitamina D; una sua carenza provoca un'alterazione del metabolismo osseo (rachitismo, osteomalacia e osteoporosi) e porta ad un aumento del rischio di contrarre malattie cardiovascolari.

Nel Morbo di Crohn si riscontra sovente l'alterazione della flora batterica intestinale, talvolta eccessivamente stimolata, mal nutrita o addirittura modificata (a causa della steatorrea e della compromissione generale dell'intestino). I batteri intestinali rappresentano un vero esercito a difesa dell’organismo nei confronti degli attacchi dei patogeni esterni.



DIETA PER LA FASE CRONICA


La dieta comune da adottare in caso di Morbo di Crohn non richiede accorgimenti particolari, ma si può rivelare indispensabile per alleviare i sintomi e i disturbi più importanti apportando un certo sollievo al soggetto malato. Sicuramente è importante prestare attenzione ad una corretta cottura delle pietanze; i metodi più adeguati sono la bollitura, la cottura a vapore, la cottura in pentola a pressione e la cottura a bassa temperatura. Sono da escludere le fritture, le cotture alla griglia e piastra. Da moderare i metodi di stufatura e brasatura, come anche saltatura in padella e gli arrosti al forno.
In questo modo non solo è possibile ridurre l’utilizzo dei grassi, ma anche la presenza di cataboliti tossici che si possono generare durante la cottura come composti di Maillard, acrilamide, acroleina, formaldeide ecc).
Anche nel corso della fase asintomatica, meglio escludere il consumo di latte ed i latticini se non si è abituati ad assumerli con regolarità; questi alimenti contengono infatti elevate quantità di lattosio che necessita della presenza attiva e funzionante dell’enzima intestinale lattasi per essere digerito. Nell’adulto questo enzima inducibile (ovvero attivato dalla presenza di substrato -lattosio) tende a scomparire. Lo zucchero (lattosio) non assorbito, staziona nel lume intestinale esercitando potere osmotico sulla mucosa, richiamando così acqua dai tessuti periferici verso il lume intestinale causando diarrea e disidratazione. Una situazione di questo genere provocherebbe in coloro che sono affetti da Morbo di Chron un riacutizzarsi della patologia; la diarrea acquosa che caratterizza questa malattia è legata infatti già da un ridotto assorbimento glucidico. E’ proprio la diarrea a causare l'alterazione dell’equilibrio elettrolitico di calcio, magnesio e potassio che si manifesta con l'insorgenza di alcuni disagi a carico di nervi periferici e muscoli portando a crampi e ridotta efficienza di contrazione. 

Il kefir essendo una sostanza altamente digeribile, in grado di regolarizzare l’intestino e migliorare lo stato di benessere in pazienti affetti da patologie intestinali come colite, morbo di Crohn e malattie digestive, potrebbe rappresentare una valida alternativa al latte anche per coloro che presentano intolleranza al lattosio. Il Kefir infatti stimola la digestione promuvendo le secrezioni salivari, gastriche e pancreatiche; stimola inoltre la produzione di anticorpi e aumenta le difese immunitarie; grazie all'elevata concentrazione di batteri lattici in esso presenti, protegge e rinforza la flora batterica intestinale. 

Colui che è affatto da Morbo di Chron non ne deve però abusare nel consumo in quanto il Kefir promuove la peristalsi intestinale quindi l'eccesso potrebbe scatenare le crisi diarroiche.
Sempre al fine di tenere l’intestino “a riposo” è consigliabile limitare l'impiego incucina di zucchero e sale (saccarosio raffinato e cloruro di sodio), spezie urticanti (capsaicina del peperoncino, piperina del pepe, gingerolo dello zenzero, isotiocianato del rafano, allicina dell'aglio e della cipolla ecc), bevande alcoliche e alimenti o bevande che contengono stimolanti della peristasi intestinale (bevande o alimenti che contengono caffeina o analoghi, come teobromina, teina ecc).
Una particolare attenzione va posta agli additivi, in particolare quelli contenenti tracce di titanio, considerato un acceleratore dell'infiammazione per il Morbo di Crohn.
Meglio limitare il consumo di funghi: tutti i funghi, anche quelli commestibili, producono una piccola quantità di sostanza venefica; inoltre, questi alimenti, in particolare quelli raccolti, possono contenere tracce significative di inquinanti oltre a risultare difficili da digerire.

In fine è saggio evitare il consumo elevato di alimenti scarsamente digeribili e potenzialmente fermentativi quali frutta, ortaggi, cereali e legumi; come anche l’eccesso di alimenti grassi e/o contenenti grassi di bassa qualità come quelli idrogenati.
Di fondamentale importanza per coloro che sono affetti da Morbo di Chron è il mantenimento del corretto trofismo della flora batterica intestinale. Quindi è giusto assumere una buona dose di molecole prebiotiche (rappresentate principalmente da fibra solubile) da assumere anche in concomitanza a probiotici, in modo tale da aumentare la naturale barriera contro gli attacchi esterni. Altrettanto importanti sono gli acidi grassi essenziali Omega 3 (per la loro capacità antinfiammatoria) e gli antiossidanti naturali (utilissimi nella lotta contro i radicali liberi, l'infiammazione ed la trasformazione neoplastica). Altrettanta attenzione va prestata alla Vitamina B12 che può essere reperita attraverso il consumo di alimenti di origine animale, come il fegato, la carne rossa, il pesce, rosso d’uovo, formaggi stagionati; là dove l’alimentazione non soddisfi i fabbisogni dell’individuo, è possibile ricorrere ad integrazione mediante preparati opportunamente formulati.
Sarebbe invece corretto prestare attenzione all’eccessivo consumo di fibre insolubili presenti nella crusca, nella buccia dei legumi, nella frutta e negli ortaggi, responsabili di incrementare il rischio di diarrea, meteorismo e dolori addominali.

Solitamente il soggetto affetto da Morbo di Chron dovrebbe seguire una dieta a basso residuo fisso, in cui viene limitato il consumo di fibre (che favoriscono la peristalsi) e di alcuni alimenti che vengono digeriti con difficoltà; in questo modo i movimenti intestinali vengono ridotti per non esacerbare i sintomi dolorosi annessi al Morbo di Crohn, come i crampi, la pancia gonfia, la diarrea, i gas intestinali.
Spesso per poter individuare con maggior precisione i cibi che danno fastidio (variabili da individuo ad individuo) si consiglia di annotarli su un diario in modo da poterli riferire allo specialista che deciderà se ridurli o eliminarli dalla dieta.


cibi da evitare

Pane, pasta e riso integrali, cereali integrali, frutta secca, verdure crude, alcune verdure cotte come broccoli, cavoli, mais, cavolfiore, cipolle; carni grasse, carni e salumi affumicati, fagioli e lenticchie, succhi di frutta, marmellate molto dolci, conserve, spezie come peperoncino, curry; edulcoranti sia naturali che chimici; caffè, alcolici, bibite gassate, fritture e dolci elaborati. I latticini, così come il grano, sono da bandire in caso di intolleranze accertate, altrimenti il loro consumo va limitato perché irritante l’intestino.


cibi permessi

Pane bianco e crackers senza semi, riso bianco, verdure di stagione cotte e private di buccia e/o semi, come asparagi, carote, zucchine, fagiolini, zucca, patate, carne bianca o rossa magra, tenera e morbida, uova, pesce frutta cotta.

Si raccomanda di bere molto, fare piccoli pasti durante la giornata, masticando piano e a lungo, per accorciare e favorire il processo digestivo.